Le idee hanno conseguenze – parte seconda

Riprendiamo in questa seconda e ultima parte dell’articolo, altre conseguenze che le idee costituenti la Weltanschauung darwiniana hanno ingenerato.

Terza conseguenza: aborto darwiniano e infanticidio

Molti scienziati e attivisti abortisti ricorrono al darwinismo per giustificare l’aborto, affermando che i bambini nel grembo materno non siano pienamente ‘umani’. L’idea nota come ‘ricapitolazione embrionica’ vorrebbe far credere che lo sviluppo dell’embrione di un essere vivente avvenga per fasi che ricordano le fasi dello sviluppo evolutivo della propria specie a partire dagli antenati più remoti. La teoria viene spesso riassunta con la formula di Haeckel secondo la quale «l’ontogenesi ricapitola la filogenesi». Se qualcuno uccide un bambino mentre si trova nello stadio di sviluppo inferiore – e ve n’è uno persino simile al pesce – allora ciò non sarà più immorale che l’uccidere un pesce! La teoria della ricapitolazione è vera e propria spazzatura screditata da molti decenni, ma il suo ‘spirito’ fu ben attivo anche dopo Haeckel:

  • Il 10 maggio 1981 il genetista dell’Università del Michigan e membro della National Academy of Sciences James Neel testimoniò, davanti al Congresso USA, che «l’embrione alle prime fasi pare attraversare alcuni degli stadi della storia evolutiva della nostra specie. La massima scientifica è “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi”, che si traduce così: durante lo sviluppo embrionico, noi ripetiamo, in forma abbreviata, molti aspetti del nostro passato evolutivo». Neel disse ai legislatori di trovare molto difficile, a causa di questi ‘fatti scientifici’ [sic!], «dire, da scienziato, a partire da quando abbia inizio la personalità umana nello sviluppo embrionale alle prime fasi, proprio come troverei impossibile affermare quando esattamente, nell’evoluzione, abbiamo superato la soglia che ci divideva dalle altre creature viventi».
  • Nel 1990 l’astronomo Carl Sagan sua moglie Ann Druyan pubblicarono una difesa dell’aborto basata sull’idea della ricapitolazione (art. Is it possible to be pro-life and pro-choice?, 1990).
  • Nel 2007 il giornalista Christopher Hitchens difese l’aborto affermando che «nell’utero vediamo un microcosmo di natura ed evoluzione (…). Iniziamo come forme minuscole che sono anfibie» (God is not great: how religion poisons everything, 2007).

Un’altra giustificazione darwiniana dell’aborto si concentra sulla selezione naturale. I sostenitori dell’aborto affermano che gli aborti spontanei si producono attraverso la selezione naturale per estirpare i non-adatti. A loro dire, gli aborti medici sono dunque soltanto un esempio di come gli uomini possano sfruttare al meglio tutte le possibilità dell’innovazione evolutiva per mezzo della scienza. Alexander Sanger, ex-presidente della Planned Parenthood, è andato oltre, affermando come l’aborto guidato dall’uomo sia esso stesso un prodotto della selezione naturale, perché a suo dire «l’umanità si è evoluta per prendere il controllo cosciente della riproduzione, e lo ha fatto per sopravvivere. Non possiamo abrogare le leggi della selezione naturale. La natura non lascia sopravvivere ogni vita. Unicamente l’umanità, e per il suo beneficio, può esercitare un qualche dominio su questo processo e massimizzare le possibilità di permettere alla vita umana di sopravvivere e crescere» (Beyond choice: reproductive freedom and the 21st century, 2004).

Il darwinismo è entrato anche nel dibattito sull’infanticidio. Jerry Coyne, biologo dell’Università di Chicago, ha scritto sul suo blog post e articoli a favore della legalizzazione dell’infanticidio dei bambini con difetti biologici (Should one be allowed to euthanize severely deformed or doomed newborns?, post del 13.07.2017): «Dopo tutto pratichiamo l’eutanasia sui nostri cani e sui nostri gatti nel momento in cui prolungare la loro vita sarebbe una tortura; perché non dovremmo estendere questo agli esseri umani? Il motivo per cui non permettiamo l’eutanasia dei nuovi nati è perché gli esseri umani sono concepiti come speciali, e penso che questo derivi dalla religione, in particolare la concezione per la quale gli esseri umani, a differenza degli animali, sono dotati di anima (…). Quando la religione scomparirà – come succederà – molta opposizione all’eutanasia degli adulti e dei nuovi nati scomparirà».

Quarta conseguenza: l’ecologia darwiniana

La svalutazione darwiniana della vita umana è visibile anche nell’ambientalismo radicale. In The war on humans (2014) il bioeticista Wesley J. Smith mostra come l’utopismo coercitivo crescente di alcuni ambientalisti si fonda su un disprezzo viscerale degli esseri umani e sulla negazione del fatto che essi siano speciali o unici. Secondo le parole dello zoologo evoluzionista Eric Pianka, dell’Università del Texas, «gli uomini non sono migliori dei batteri (…). Altre cose sulla Terra sono qui da ben prima di noi (…) e hanno anch’esse diritto a questo pianeta: ciò include le vespe che vi pungono, le formiche vi mordono, scorpioni e crotali» (The vanishing book of life on Earth, 2006). Pianka si lamenta con l’uomo perché succhia tutto ciò che può da Madre Terra e lo trasforma in biomassa umana grassa; ritiene che la popolazione umana dovrebbe ridursi del 90% e si appella al governo affinché confischi tutti gli introiti di ogni coppia che abbia più di due bimbi: «Dovresti pagare più tasse quando hai il primo bambino; quando hai il secondo bambino pagherai molte più tasse, e quando hai il terzo non avrai nulla di ritorno: ti prenderanno tutto». Christopher Manes, uno dei primi leaders del gruppo ambientalista Earth first! spiega: «Darwin invita l’umanità a fare i conti con il fatto che l’osservazione della natura non abbia mostrato uno straccio di prova che il genere umano sia superiore o speciale, o anche particolarmente più interessante di, diciamo, un lichene» (Green rage, 1990).

Quinta conseguenza: l’etica darwiniana

La teoria di Darwin ha esercitato un influsso nefasto e corrosivo sulla moralità e sulla responsabilità umana. Nel darwinismo la morale è un comportamento pre-impostato a servizio della sopravvivenza fisica. Secondo il filosofo darwiniano Michael Ruse e il biologo di Harvard Edward O. Wilson, «la morale è un mero adattamento messo in campo per promuovere i nostri fini riproduttivi (…). L’etica, per come la conosciamo, è un’illusione appioppataci dai nostri geni per farci collaborare fra noi» (art. The evolution of ethics, 1993). Dunque, conclude stavolta il prof. William Provine della Cornell University, «il libero arbitrio umano non esiste» (art. Evolution: free will and punishment and meaning in life, 1998).

Il darwinismo svolse anche un certo ruolo nello sviluppo della criminologia di Cesare Lombroso (1835-1909) e dei suoi allievi, che cercarono di capire perché alcune persone si dessero al crimine: molte di esse venivano semplicemente denominate ‘criminali nati’, perché si riteneva rappresentassero dei regressi a uno stadio precedente nella storia evolutiva. Lombroso e i suoi allievi rifiutavano l’idea che il crimine implicasse una colpa morale. Il giurista Enrico Ferri (1856-1929), allievo di Lombroso, diceva non essere ormai più ragionevole credere che gli esseri umani potessero prendere decisioni al di fuori della normale catena materiale di causa ed effetto, dato l’avvento della scienza moderna, darwiniana in particolare. Ferri riteneva che un giorno si sarebbe arrivati ad abbandonare la punizione del crimine, che sarebbe stato trattato come ‘malattia’.

La svalutazione del libero arbitrio dilaga fra i sociobiologi e gli psicologi evoluzionisti di oggi. Robert Wright scrive che «il libero arbitrio è un’illusione che ci è stata data dall’evoluzione (…) [e] in molti contesti, non solo nel sesso, siamo tutti marionette (…). La nostra più grande speranza per una liberazione anche soltanto parziale è quella di tentare di decifrare la logica del marionettista» (The moral animal, 1995).

Il darwinismo ha anche procurato una solida ‘giustificazione’ biologica a favore del relativismo morale. Secondo Darwin, alcuni precetti morali si svilupparono perché avrebbero permesso la sopravvivenza sotto certe condizioni ambientali. Una volta che queste condizioni per la sopravvivenza cambino, devono cambiare anche i dettami della morale. Ecco perché in natura troviamo sia l’istinto materno che l’infanticidio, sia il precetto di onorare i genitori che quello di ucciderli quando diventano deboli. La selezione naturale sceglie [sic!] quali tratti comportamentali promuovano meglio la sopravvivenza nelle condizioni esistenti (The descent of man).

Una concezione darwiniana della morale rende difficile condannare come ‘malvagio’ un comportamento umano che sia perdurato nel tempo, perché ogni tratto che continua a esistere anche solo in un sottogruppo di popolazione ha lo stesso diritto di affermare la propria legittimità, fornita dalla Natura. Presumibilmente, anche comportamenti come la frode, la pedofilia e lo stupro dovrebbero continuare a esistere fra gli uomini, perché essi furono un tempo favoriti dalla selezione naturale in un qualche contesto: allora possiedono una base biologica. È chiaro che atti come quelli anzidetti possono essere condannati solamente se esiste una morale permanente e indipendente dalla selezione naturale. Ma l’esistenza di una morale del genere viene negata dal darwinismo ortodosso. Per lo più, Darwin stesso non portò la sua analisi relativistica della morale fino alle sue logiche conclusioni, ma pose il lavoro preparatorio affinché altri, dopo di lui, rimodellassero il modo in cui le persone pensano la morale.

L’impatto darwiniano è evidente e profondo soprattutto nella vita familiare e nella sessualità umana. Uno dei pensatori maggiormente responsabili per la rottura dell’etica sessuale tradizionale occidentale è Alfred Kinsey (1894-1956), zoologo evoluzionista. Egli sostenne che ogni pratica sessuale che si possa trovare da qualche parte fra i mammiferi possa essere concepita come un normale comportamento mammifero e sia perciò moralmente incontestabile.

Oggi, ormai, molti psicologi evoluzionisti sono andati ben oltre il relativismo sessuale, fino a mettere in discussione anche la monogamia. Costoro affermano che l’evoluzione darwiniana ci spinga ad avere più partner sessuali, il che significa che siamo ‘programmati’ per la promiscuità e l’infedeltà. L’idea di un matrimonio monogamico fedele sarebbe qualcosa che contraddice la nostra biologia e che dovrebbe perciò essere abbandonato. Nel suo Sex at dawn (art. del 2010) lo psicologo evoluzionista Christopher Ryan dice «il matrimonio in Occidente non sta andando molto bene, perché è in diretta contrapposizione alla realtà evoluta della nostra specie». Egli vorrebbe quindi salvare l’istituto del matrimonio rendendolo affine alla biologia darwiniana, circostanza che contempla il ridefinire il matrimonio in modo da includere diversi partner allo stesso tempo.

Sesta conseguenza: il rifiuto darwiniano di Dio

Il darwinismo ha fornito una base potente e ‘scientifica’ per l’ateismo; esso non lo implica necessariamente, ma lo incoraggia. Se davvero la Natura prova che la storia della vita sia il prodotto di un processo non-guidato, allora la concezione atea sembra assai credibile. Ecco perché molti scienziati hanno fatto dell’evoluzione darwiniana una pietra angolare nelle loro argomentazioni a favore dell’ateismo:

  • Il biologo dell’Università di Oxford Richard Dawkins ha scritto che «Darwin ha reso possibile essere un ateo intellettualmente realizzato» (The blind watchmaker, 1996). E ha aggiunto che «l’universo che osserviamo ha precisamente le proprietà che dovremmo aspettarci se all’inizio non ci fosse stato un progettista, uno scopo, un male o una bontà; niente, ma solo indifferenza cieca e implacabile».
  • Il biologo evoluzionista di Harvard Edward O. Wilson ha dichiarato che l’esistenza di un Dio «che dirige l’evoluzione organica e interviene nelle questioni umane (…) è sempre più contraddetta dalla biologia e dalle neuroscienze» (Consilience: the unity of knowledge, 1998).
  • Lo psicologo evoluzionista dell’Università di Washington David Barash ha detto: «Più conosciamo l’evoluzione, più diviene inevitabile la conclusione che gli esseri viventi, inclusi gli esseri umani, siano stati prodotti da un processo naturale e totalmente a-morale, senza nessuna indicazione riferibile a un Creatore benevolente che la controlli» (art. God, Darwin and my biology class, 27.09.2014, New York times).

Il darwinismo non ha avuto impatto solo sugli atei e sugli agnostici, ma anche sulla visione cristiana di Dio, specialmente nei colleges e nelle università cristiane, ove scienziati e teologi hanno cercato di ‘correggere’ il Cristianesimo per renderlo compatibile con il darwinismo. Poiché l’evoluzione darwiniana è non-guidata, i darwinisti teisti spesso minimizzano o rifiutano l’idea che Dio guidi attivamente il processo di sviluppo della vita:

  • Kenneth Miller, biologo “cattolico” della Brown University, dice che «la comparsa dell’umanità su questo pianeta non era prestabilita (…). Ci troviamo qui come un elemento di contorno, un dettaglio minore, un evento fortuito all’interno di una storia che ci avrebbe potuto tranquillamente lasciare da parte» (Finding Darwin’s God, 1999).
  • George Coyne, direttore della Specola Vaticana dal 1978 al 2006, ha detto che poiché l’evoluzione non è guidata, «nemmeno Dio poteva conoscere (…) con certezza che la vita umana sarebbe venuta alla luce» (art. The dance of the fertile universe).

Altri darwinisti teisti rifiutano la dottrina biblica della Caduta, il fatto che cioè che originariamente l’uomo sia stato creato buono e che poi sia incorso nel peccato a causa di un atto deliberato di disobbedienza:

  • Il fisico cristiano Karl Giberson ha affermato che dato che gli esseri umani furono creati per mezzo dell’evoluzione darwiniana, essi furono essenzialmente peccatori e peccaminosi fin dal principio, perché «l’egoismo guida il processo evolutivo» (Saving Darwin: how to be a Christian and believe in evolution, 2008).
  • Il genetista cristiano Francis Collins dive che «l’evoluzione potrebbe sembrarci guidata dal caso, ma dalla prospettiva di Dio il risultato sarebbe interamente specificato. Così, Dio può esser stato intimamente e completamente coinvolto nella creazione di tutte le specie, mentre dalla nostra prospettiva (…) questo sembrerebbe un processo casuale e non diretto» (The language of God: a scientist presents evidence for belief, 2006). Quindi, Dio farebbe in modo che la storia della vita sembri casuale e non diretta, anche se non lo è davvero! Eppure, molti filosofi cristiani hanno pensato ben altrimenti nel corso dei secoli, sostenendo che il disegno di Dio possa essere ben osservato attraverso la Natura.

Conclusione: un acido universale

Daniel Dennett ha descritto il darwinismo come un ‘acido universale’ che corrode le idee tradizionali su morale, responsabilità umana e Dio (Darwin’s dangerous idea, 1995). Non vi è dubbio che la teoria darwiniana abbia esercitato un impatto rivoluzionario sulla società. Ironicamente, il prestigio culturale di Darwin ha continuato ad ampliarsi anche mentre la sua base scientifica è diminuita nel corso degli anni recenti.

(Traduzione di Mauro Stenico, autorizzata dall’autore John West).

Immagine: Fondo Antiguo de la Biblioteca de la Universidad de Sevilla from Sevilla, España, CC BY 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by/2.0, via Wikimedia Commons.

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